A cura di Marco Massobrio, Alberto Revelli, Ospedale S. Anna, Torino
Per quanto riguarda i frammenti di ovaio, una volta scongelati essi possono essere utilizzati in due modi: 1. Reimpianto. Si può effettuare una laparoscopia in anestesia generale, nel corso della quale si posizionano i frammenti ovarici in una tasca peritoneale ricavata nella sede in cui si trovano normalmente le ovaie (reimpianto ortotopico).
Successivamente un'idonea stimolazione con ormoni (FSH ed LH per via intramuscolare) può ripristinare in buona parte dei casi la funzione dell'ovaio, sia in termini endocrini (secrezione di estrogeni), sia come produzione di ovociti. Anche se è teoricamente possibile che gli ovociti eventualmente ovulati dall'ovaio reimpiantato vengano captati dalle tube e fecondati naturalmente, è ragionevole pensare che nella grande maggioranza dei casi si dovrà ricorrere alla fecondazione in vitro (FIVER o ICSI) per ottenere la gravidanza. Quindi sarà necessario effettuare un pick-up per recuperare questi ovociti. I primi casi di reimpianto ortotopico nella specie umana con successiva ripresa della funzione ovarica sono stati recentemente effettuati alla Cornell University di New York (USA) ed al Leeds Infirmary Hospital di Leeds (UK), ma finora non è stata ottenuta alcuna gravidanza. Si tratta quindi di una procedura sperimentale, sulla cui efficacia potrà essere espresso un giudizio solo tra qualche anno.
E' stato anche tentato con successo il reimpianto eterotopico, ossia nell'avambraccio, al di sotto dei muscoli. Il vantaggio risiede nel fatto che non c'è bisogno di anestesia generale, ma solo di quella locale. I frammenti ovarici, sempre stimolati con opportuni ormoni, possono riprendere a produrre estrogeni ed anche ad ovulare: ovviamente in questo caso l'ovocita deve essere aspirato con un apposito ago e fecondato in vitro. Non sono ancora state ottenute gravidanze con questa metodoca, anch'essa assolutamente sperimentale.
2. Stimolazione dell'ovulazione in vitro. I frammenti ovarici possono essere stimolati con ormoni in vitro, ossia senza essere reimpiantati, fino ad ottenere ovociti maturi completamente in laboratorio. Questa tecnica si impone nel caso in cui la paziente sia affetta da un tumore che può dare metastasi all'ovaio (es. una leucemia): è evidente che in questo caso reimpiantando i frammenti ovarici si rischierebbe di reimpiantare anche cellule tumorali. L'ovulazione in vitro in questo caso è l'unica alternativa.
Numerosi gruppi al mondo studiano l'ovulazione in vitro, che peraltro è utilizzata di routine dai veterinari per la riproduzione, ad esempio, dei bovini. Gli ovociti ottenuti in vitro possono essere fecondati in vitro e gli embrioni così ottenuti possono essere trasferiti in utero entro pochi giorni. Non sono state segnalate gravidanze con ovociti ottenuti stimolando l'ovaio in vitro nella specie umana, ma sono già stati ottenuti embrioni che sono sopravvissuti in coltura fino a 5 giorni. L'ovulazione in vitro è un campo di ricerca sperimentale molto promettente, ma la sua applicazione clinica sarà forse proponibile in futuro.
(Programma FERTISAVE, Centro di Medicina della Riproduzione, Dipartimento di Discipline Ginecologiche e Ostetriche, Università degli Studi di Torino. Azienda Ospedaliera O.I.R.M. - S.Anna, Torino)
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